La congettura dell’universo simulato è un tema che mi affascia da tempo. Ne avevo già parlato nel 2012 su “Fanpage”, con due articoli (“E se il nostro universo fosse una simulazione?” e “Un esperimento per scoprire se viviamo in una simulazione“), e su “Quaderni d’altri tempi” commentando il celebre racconto di Frederik Pohl Il tunnel sotto il mondo. Due recenti letture mi hanno spinto a riprendere il tema: la prima è l’Esegesi di Philip Dick, che data la monumentalità e complessità non ho ancora completato, ma mi ha profondamente colpito; la seconda è in realtà un’opera degli anni Cinquanta, Il mondo sul filo di Daniel Galouye, riproposta da Atlantide Edizioni, da cui è stato tratto un film per la televisione di Fassbinder e il più recente Il tredicesimo piano.

Il fatto di discutere in dettaglio di un argomento controverso come l’ipotesi dell’universo simulato non implica che io ne appoggi gli assunti o le conclusioni, ma solo che ritengo il dibattito intorno all’idea interessante e degno di essere raccontato, alla stregua di quanto ho fatto su altri temi controversi come il transumanesimo o la teoria del multiverso. Ciò che mi interessa di questi argomenti è il loro porsi alla frontiera della speculazione scientifica, al punto da mettere in crisi le stesse fondamenta epistemologiche della scienza, spingendo a chiedersi quale sia il confine tra scienza e quella che Jim Baggott ha intelligentemente chiamato “fairy-tale physics”, fisica fantastica (o fiabesca, più letteralmente), che non è – attenzione – la pseudoscienza, perché affonda le sue radici in concetti scientificamente attendibili ed è studiata anche da teorici di un certo calibro. Questa “fairy-tale physics”, di cui la congettura dell’universo simulato è secondo me una lampante espressione (forse ancor di più lo è la teoria del multiverso), è il prodotto di una commistione tra riflessione filosofica e metodo scientifico che ha poco a che fare con la scienza vera e propria, quella di laboratorio, o quella studiata nelle università o dai dottorandi, ma che rappresenta una sorta di versione post-moderna della scienza – in particolare della fisica e della cosmologia – che vale la pena studiare sociologicamente, a prescindere dal nostro punto di vista sull’argomento.

Se vi interessa, potete leggere il mio (lungo!) articolo pubblicato il 23 gennaio su “Il Tascabile”, la bella rivista culturale promossa dalla Treccani con il team di Alkemy, che ha già prodotto un’altra rivista online da non perdere, Prismo.